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Cambridge Analytica inguaia Facebook: perché ci scandalizziamo?

Cambridge Analytica inguaia Facebook: perché ci scandalizziamo?

Non è una novità: quando usi FB o un’app a lui correlata, i tuoi dati vengono messi a disposizione di chi quel software l’ha creato. Non è questione di privacy e non servono nemmeno ridicoli post che non autorizzano l’uso di quanto pubblicato. Non c’è proprietà intellettuale che tenga: quello che è su Facebook è di Facebook.

Fino a ieri si pensava che i dati servissero per scopi pubblicitari fino a che si svela il segreto di Pulcinella e cioè che quei dati sarebbero usati anche per ben altro scopo: influenzare percezioni e comportamenti dell’utente. Toh!

Come? Si fa, ci vuole solo tempo, competenza, strategia e denaro, tanto. Algoritmi, analisi..
Ogni like, mappato. Ogni share, mappato. Ogni commento, mappato. Ogni login, mappato. Costruiscono il tuo profilo: si chiama psicometria.

Poi vendi il tuo elenco a broker di dati ed il resto viene da sé. Un’evoluzione del listone di nominativi venduto al telemarketer di turno. Perché? Per studiare un nuovo prodotto o un nuovo personaggio. Oppure per influenzare l’esito delle elezioni in questo o quel Paese, come sarebbe successo in USA con Trump o in UK con la Brexit.

Si parla di ‘presunto’ ed il condizionale è d’obbligo. La gola profonda sarebbe un dipendente di Cambridge Analytica, società inglese che avrebbe rubato 50 milioni di profili Facebook.

50 milioni.

Usiamo dati per cambiare il comportamento dell’audience” dicono quelli di Cambridge Analytica. Nel link che segue, viene spiegato bene cosa è successo e come è successo. È lungo ma ne vale la pena: cliccate il bottone.

Il caso Cambridge Analytica, spiegato bene

Non scandalizzatevi e non spaventatevi: non è niente di diverso di quanto succede ogni volta che attivate una tessera nel vostro supermercato di fiducia. Solo che, questa volta, le proporzioni e gli effetti sono epocali. Perché ve lo segnalo? Perché serve consapevolezza. Tutto li.

 

 

Samantha Cristoforetti distrugge la fake news

Samantha Cristoforetti distrugge la fake news

Ieri sono venuta a sapere che su un periodico online, descritto sul sito medesimo come “testata giornalistica registrata presso il tribunale di Roma”, era stata pubblicata una mia intervista, che non ho mai rilasciato.

Inizia cosi il lungo post dell’astronauta che con il suo solito modo pacato e diretto, punta il dito contro una giornalista che chiama Lucia Rossi, rea di essersi inventata un’intervista.
AstroSamantha la smonta pezzo per pezzo con una perizia chirurgica, fino al colpo finale quando l’intervista entra nel personale:

Cara Lucia Rossi, le risposte che mi attribuisce sono talmente vaghe e povere di contenuto, che non posso certo rimproverarle di diffondere notizie false. Ma anche dare risposte vaghe e povere di contenuto è una scelta di comunicazione, che dice qualcosa su di me alle persone cui lei ha spacciato questa scelta per mia.

Game, set, match!

Se non fosse grave il fatto che si tratta di ‘testata giornalistica’, il tutto risulterebbe anche divertente. Però è gravissimo il fatto sia stata creata una fake news che mina una professionalità assodata puntando su luoghi comuni come femminismo e orgoglio patrio, per generare un contenuto il più virale possibile.

A questo link trovate il lungo post di Samantha Cristoforetti contro la giornalista

 

Ringrazio Astronauticast per la segnalazione

 

[SEGNALAZIONE] Mark Zuckerberg sanguinante su Wired

[SEGNALAZIONE] Mark Zuckerberg sanguinante su Wired

Mi rendo conto che gli ultimi miei post siano Facebookcentrici, ma se c’è da scriverne perché esimersi?

Quella che vedete in foto è la cover di Wired USA di marzo, sintesi perfetta di questi due anni a Menlo Park.
A questo link trovate l’articolo: sottotitolo ‘In che modo un gigante dei social media confuso e sulla difensiva si è trasformato in un disastro e in che modo Mark Zuckerberg sta cercando di sistemare tutto’.

Buona lettura.

[CASE HISTORY] Aiuto, Facebook mi ha bloccato… Di nuovo!

[CASE HISTORY] Aiuto, Facebook mi ha bloccato… Di nuovo!

Questo post nasce da un’esperienza su campo che mi ha portata a cercare risposte, trovate solo grazie ad alcune colleghe che ringrazio. Cosa succede quando ti becchi il ban su Facebook? Facciamo un passo indietro…

 

‘Il girone dei bannati’.

La riconoscete? È la rappresentazione dell’Inferno di Dante dove, ai tempi di Facebook, il vostro Lucifero là in basso è la sospensione definitiva dell’account Facebook mentre la crosta terrestre è l’uso comune che fate del vostro profilo. In mezzo una serie di altre situazioni che, tradotte dallo zuckerberghese, diventano “ban“.

Avete visualizzato? Bene, passo alla case history…

L’account di un amico viene bloccato per 3 giorni a seguito di una segnalazione. Una settimana dopo il suo ritorno su Facebook, lo stesso profilo viene nuovamente segnalato e questa volta bloccato per 2 settimane. Al suo rientro, altra segnalazione ed altro ban ma questa volta per un mese. Immaginate la sua gioia.

Perché è stato bannato? La prima volta per un termine dalla connotazione razzista, ‘negro’, usato all’interno di una frase goliardica senza reali intenti razzisti. Era chiaro per chi stava seguendo il tread, ma non abbastanza per l’addetto al controllo qualità Facebook perché ha decontestualizzato il termine, che evidentemente rientra in una black-list e chi la usa vince il ban.

La seconda volta, quella delle due settimane, altra segnalazione (probabilmente sempre dalla stessa persona) per avere espresso un’idea politica contraria. Nessun termine sconveniente.

Terza volta, un mese di ban  vedi sopra.

6 personali considerazioni sul ban temporaneo da Facebook:

  1. È un’escalation: dopo il primo ban di pochi giorni, ne seguono altri per periodi più lunghi. Non sono riuscita a definire gli step effettivi né siamo riusciti a capire dopo quanti arriverà il blocco dell’account, ma prima o poi arriverà. Una collega mi testimonia che nonostante 10 stop di un mese, ancora nessuna sospensione dell’account ma meglio non sfidare la sorte.
  2. Dopo il primo blocco, perdi la credibilità: Facebook mette l’account in una black-list e basta un niente (una sola segnalazione) per sospenderti di nuovo. Probabilmente, ma è una supposizione, nella gestione delle segnalazioni ogni account è associato ad un ranking.
  3. Io ho segnalato di tutto, offese sessiste, immagini violente al limite del voltastomaco, torture… Non è mai successo nulla e su questo gli Standard della Comunità sono chiari: “Non tutti i contenuti inaccettabili o fastidiosi trasgrediscono i nostri Standard della comunità” (WTF!!!). Sulla base della case history che vi ho raccontato, l’unica cosa che sembra dare fastidio a Facebook è la discussione politica.
  4. Non provate a contattare Facebook in cerca di risposte. Non ne avrete!
  5. Esiste una lista di parole non gradite a Facebook la cui gestione viene, probabilmente, demandata ad un bot il quale estrapola la parola dal contesto e applica la penalty. Così come non è dato sapere se ulteriori check sul testo vengano effettuati da operatori madrelingua, stranieri che hanno studiato la lingua del post o straniero tout-court. Direi sia fondamentale capirlo.
  6. A Menlo Park devono aver dato una stretta sulla questione razzismo, tema che li ha colti in fallo in più occasioni tra le quali una che coinvolgeva direttamente Mark Zuckerberg, mentre un’altra a fine 2016 e ripresa nel 2017, quando è emerso che la visualizzazione degli annunci di vendita immobili, in alcune nazioni, poteva essere bloccata in base a religione, etnia o categoria sociale.

Cosa fare se Facebook sospende l’account? Si può recuperare, tranquilli, ma di questo ne scriverò in un altro post.

Questo è un post costantemente in progress che contiene considerazioni personali.